Usciamo dalla casa. Dall’altezza del portico vediamo davanti a noi – oltre alla Riviera del Brenta le cui acque scorrono lentamente – alcuni tratti del giardino disegnato da Paul Rodocanachi negli anni Venti del secolo scorso: davanti alla casa è tracciato un percorso a semicerchio; alla nostra sinistra la cosiddetta “isola dei conigli” cui si accede da un piccolo ponticello di legno, e un po’ più in là una darsena ove approdano le gondole che qui giungessero da Venezia.
Ora scendiamo le scale per portarci a sud della casa. Passando a fianco della villa si lambisce un piccolo giardino all’italiana che evoca quei “giardini segreti” – così si chiamavano nel Cinquecento – che Palladio raffigura nei disegni di questa casa che egli pubblica nel suo trattato di architettura. Il giardino di levante è formato da basse siepi di bosso entro cui crescono piante di lavanda, quello di ponente è realizzato su disegno di Paul Rodocanachi come una specie di labirinto formato da aiuole entro cui crescono piante fiorite.
Giunti a mezzogiorno della casa, siamo in grado di ammirare la sua facciata posteriore inondata di luce meridiana. Per intenderne la particolarità basta dire che in nessun’altra casa palladiana la facciata posteriore è di tale qualità architettonica da instaurare un interessante rapporto dialettico con la facciata principale.

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Questa facciata è dominata al suo centro da un grandioso sistema di aperture che ha una ampiezza pari alla intera sezione della sala centrale. La finestra semi-circolare, che è l’elemento più caratterizzante di questo sistema, è chiamata finestra termale perché è di quella stessa tipologia che hanno le finestre delle antiche terme romane. Come nelle terme della antica Roma, l’arco di questa singolare finestra interrompe la trabeazione inferiore del frontespizio che replica su questa facciata la forma di quello del portico.
Non è questo il solo dettaglio erudito della composizione di questa facciata. Di grande sapienza è anche la rappresentazione di un antico sistema di costruzione in pietra ottenuto con l’incisione di larghe commessure in un intonaco a marmorino di grosso spessore. Mettendo così a confronto il biancore dell’intonaco a marmorino e il colore del cotto Palladio ottiene peraltro un effetto cromatico che è uno dei tratti più distintivi, e originali, di questa facciata.
Opzioni teoriche di tale genere sono una prova dell’impegno con cui Palladio – erigendo una casa così importante quasi sul bordo della laguna – intende attestare ai veneziani, e soprattutto alla loro classe dirigente, la qualità del suo linguaggio architettonico dando nel contempo una dimostrazione della maestria acquisita in molti anni di lavoro. (Si veda, per esempio, come egli compone in un equilibrio perfetto un insieme di aperture di misure tanto diverse l’una dall’altra).
Sopra la cornice che conclude in sommità questa casa si vedono – assieme all’abbaino – dei grandiosi camini che aggiungono un connotato tipicamente veneziano a un’opera ricca di evocazioni dell’antichità romana.
Mentre continuiamo la nostra passeggiata nel giardino, seguendo quei percorsi creati negli anni Venti, vi racconto alcuni momenti della storia di questa casa. Le vicende storiche sono un elemento che accresce il fascino di dimore di questa importanza.