Se l’apparizione sulla facciata di questa casa della forma del portico di un antico tempio pagano d’ordine jonico è sorprendente per noi – dopo alcuni secoli che essa si specchia sulle acque della Riviera – deve essere stata ancor più sorprendente per i contemporanei di Palladio, alla metà del Cinquecento. Nessuno fino ad allora aveva immaginato che questa forma potesse fare una apparizione così perentoria sulla facciata di una casa privata.
E forse anche più sconvolgente poteva essere per i componenti di una società, quale è quella veneziana, che è fortemente legata alle sue secolari tradizioni, e che – in forza dei fondamenti laici e repubblicani del suo ordinamento politico – vede con diffidenza forme architettoniche che possono essere intese quali evocazioni dei fasti della Roma imperiale, oppure della Roma di quei papi che ritenevano di essere eredi della autorità politica degli antichi imperatori.

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È per scongiurare una interpretazione di tal genere e per evocare le virtù della stagione repubblicana della antica Roma che Palladio, in questa sua architettura, esclude l’uso della pietra ed esibisce la “povertà” della arenaria (di cui sono fatte le basi e i capitelli delle colonne) e della materia laterizia, di cui sono fatte le colonne e tutti gli altri elementi dell’ordine, cioè il frontespizio e le cornici che cingono la casa.
Con questa sua scelta Palladio non solo vuole evitare una contestazione della sua architettura fondata su argomentazioni di carattere ideologico, ma vuole anche affermare che un’architettura non va giudicata sulla base della ricchezza dei materiali, ma sull’unico metro della qualità delle sue forme. Da grande architetto qual è, Palladio sa però amministrare in modo perfetto anche gli esiti figurativi di queste sue proposizioni teoriche. L’apparizione del colore del cotto sul biancore dell’intonaco a marmorino della facciata produce un interessante contrasto cromatico, che è uno dei connotati più seducenti di questa nobile architettura, al suo esterno.
Ad accrescere la maestosità di questo portico su cui abbiamo soffermato ora la nostra attenzione sta la circostanza che esso si erge su un alto basamento, al quale si accede con delle scale laterali che evocano le forme di un antico tempietto che Palladio stesso aveva rilevato alle fonti del Clitumno, in Umbria. Un basamento di questa altezza, che non si riscontra in alcuna altra architettura palladiana, concorre in modo significativo ad accrescere l’imponenza di questa casa che si erge in un ambiente rurale che si estendeva attorno a esso a perdita d’occhio.
Al piano terreno di questa casa, cioè entro il suo basamento, erano le funzioni che garantiscono la conduzione domestica di una abitazione che dobbiamo immaginare frequentata da quel gran numero di persone che un tempo componevano il nucleo sociale che si chiamava famiglia. Vi erano dunque tinelli (ovvero stanze da pranzo) e cucine, oltre a quei locali ove si svolgevano le altre attività domestiche.
Il primo piano era detto “nobile” perché ospitava i “signori” e quindi anche le funzioni di rappresentanza connesse al loro rango sociale. Il piano superiore – che in un secondo tempo sarà convertito anch’esso a funzioni domestiche – serviva in origine per la raccolta delle derrate agricole prodotte dal possedimento rurale che aveva in questa casa il suo centro aziendale. Palladio intendeva infatti che insediandosi in “villa”, cioè in campagna, i Signori non dovevano mancare di praticare con profitto quella che allora veniva chiamata la “Santa Agricoltura”.
Non possiamo distogliere la nostra attenzione da questa facciata prima di aver considerato la perfetta simmetria della sua composizione architettonica. È un principio, quello della simmetria, che Palladio rispetta di norma nei suoi edifici, non solo perché lo ritiene un canone della antica architettura romana, ma perché lo ritiene perfettamente naturale: anche il corpo umano – egli avrà modo di scrivere – è simmetrico.
Se saliamo le due scale esterne che ascendono al portico ed entriamo nel piano nobile di questa casa avremo modo di constatare la qualità architettonica che può discendere da questo astratto principio.